Il 2026 sarà un anno di croce e delizia. Alcuni pensionati subiranno un taglio delle pensioni, altri vedranno un aumento dell’importo.
In un contesto economico sempre più complesso i cittadini chiedono maggiori entrante sia con riferimento agli stipendi che alle pensioni. C’è chi viene accontentato e chi, invece, continuerà a ricevere brutte notizie.

In Italia ci sono le retribuzioni più basse tra i Paesi che fanno parte del G20. Lo ha certificato il rapporto dell’Organizzazione Internazionale del lavoro. Stipendi bassi si traducono in pensioni ancora più basse soprattutto a causa del sistema di calcolo contributivo. Il gap tra retribuzione e assegno pensionistico può arrivare a diverse centinaia di euro. Meno contributi si hanno, poi, peggiore sarà la situazione.
L’uscita anticipata dal mondo del lavoro, dunque, deve essere valutata con attenzione perché comporta sicuramente un taglio dell’assegno considerando un numero inferiore di contributi, una minore età e le riduzioni previste dalla normativa per alcuni scivoli. Il quadro generale, quindi, è complesso per gli italiani che devono destreggiarsi tra fondi pensionistici, forme di pensionamento, calcolo contributivo e compiere le scelte che porteranno ad avere una pensione sufficiente per una vita tranquilla. La rivalutazione anno dopo anno fa crescere l’importo dell’assegno ma certo non si tratta di cifre importanti.
Di quanto cresceranno le pensioni nel 2026
Ogni anno scatta la perequazione delle pensioni in base dell’inflazione ossia del costo della vita rilevato dall’ISTAT. Nel 2025 l’aumento è stato irrisorio, dello 0,8% mentre nel 2026 la stima è di un incremento fino all’1,8%. Nel Documento di economia e finanza approvato il 9 aprile, infatti, si legge di un aumento dello 0,8% il prossimo anno, inizialmente fissato all’1,6 per poi essere salire fino al 2% a marzo per i costi del comparto energetico.

Facendo una media, quindi, la stima è di una rivalutazione dell’1,8% nel 2026. Un adeguamento maggiore rispetto l’anno precedente ma non tutti potranno gioire. Bisogna considerare, infatti, i tagli previsti per chi andrà in pensione nel 2025 e nel 2026 a causa del ricalcolo dei coefficienti di trasformazione. Questi diventeranno più svantaggiosi e comporteranno una riduzione – piccola comunque – dell’assegno pensionistico.
Resterà, poi, la diversificazione dell’incremento in base al reddito. I livelli saranno tre, 100% con pensione entro quattro volte il minimo, 90% fino a cinque volte il minimo e 75% oltre le cinque volte il minimo. Ricordiamo che nel 2025 il minimo è di 603,40 euro. Anche le prestazioni assistenziali aumentano ogni anno per effetto della rivalutazione.
Considerando l’aumento straordinario per le pensioni minime del 2,2% (è solo un’ipotesi) si potrebbe arrivare nel 2026 ad un importo di 617,90 euro. E se ci fossero le risorse per una rivalutazione più generosa come quella del 2,7% allora l’assegno arriverebbe a 620 euro circa. Ancora ben lontani dalla promessa di pensioni minime a 1.000 euro ma pur sempre un passo in avanti.